L'Ubbidienza
L'ubbidienza è il punto centrale dello stato religioso, è come il fulcro su cui ruota tutta la struttura della vita consacrata.
I vecchi trattati di morale parlano di tre caratteristiche dell'ubbidienza, come di ogni voto: il voto di ubbidienza, la virtù dell’ubbidienza e lo spirito dell’ubbidienza, per cui un religioso poteva mancare al voto ma non allo spirito, oppure poteva mancare alla virtù ma non al voto, ecc.
Senza nulla togliere a queste opere che hanno formato, e qualche volta sformato, generazioni di religiosi, ma che sanno un pò di fariseismo, a me piace sottolineare l'ubbidienza come volontaria sottomissione, come volontà di non avere volontà, come morte quotidiana alla libertà che Dio ci ha dato e che per amore e spontaneamente, per desiderio di maggior perfezione, i religiosi sacrificano.
Asceti e teologi hanno sempre attribuito all'ubbidienza una specie di primato nello stato religioso; infatti ne è il fine, la condizione, l'essenza, e in un certo senso la pienezza.
Pienezza perché è offerta totale e irrevocabile di se stesso, del proprio essere e della propria vita a Dio, alle anime e al proprio istituto.
E' cosa buona seguire il Cristo nella povertà, rinunziando ai propri beni; cosa migliore è offrire il proprio corpo, come profezia della vita ventura, conservandolo nella verginità; ma è cosa ottima abdicare all'uso indipendente della propria libertà, a ciò cui più teniamo e che costituisce come l'impronta della nostra personalità.
Afferma S. Alfonso che
Archimandrita Marco
(Don Vincenzo)