IV. Maria e il dogma

 

CAPITOLO V

 

LA THEOTOKOS SEGNO DELLA RETTA FEDE CRISTOLOGICA

1. Origine e sviluppo del dogma della Maternità divina

2. Attualità del titolo Theotokos

1. Origine e sviluppo del dogma della Maternità divina

  Nel N.T. non si trova espressamente il titolo Theotokos, ma vi si leggono espressioni che contengono in nuce tale verità. Infatti di Maria si dice che ha concepito e generato un figlio, il quale è il Figlio dell’Altissimo, santo e Figlio di Dio (Lc 1,31-32.35); Maria inoltre è chiamata "Madre di Gesù" (Gv 2,1.3; At 1,14), "Madre del Signore" (Lc 1,43) o semplicemente "madre", "sua madre" come più volte nel capitolo 2 di Matteo. Maria, quindi, non comincia ad essere "Madre di Dio" nel concilio di Efeso del 431, così come Gesù non comincia ad essere "Dio" nel concilio di Nicea del 325 che lo definì tale. Lo erano anche prima. Quello è stato il momento in cui la Chiesa, nello svilupparsi ed esplicitarsi della sua fede, sotto la spinta dell’eresia, prende piena coscienza di questa verità e prende posizione a suo riguardo.

In questo processo che porta alla proclamazione di Maria come Theotokos, si possono distinguere tre grandi tappe: Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria; Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria; l’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria.

1.1. Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria

All’inizio e per tutto il periodo dominato dalla lotta contro l’eresia gnostica e docetista, la maternità di Maria viene vista quasi solo come maternità "fisica". Questi eretici, infatti, negavano che Gesù avesse un vero corpo umano e, se l’aveva, che fosse nato da una donna e, se era nato da una donna, che veramente fosse nato dalla carne e dal sangue di lei. Alcuni di loro affermavano che Gesù era nato attraverso la Vergine e non dalla Vergine: immesso dal cielo nel grembo di lei, ne era venuto fuori a modo di "passaggio" non da vera generazione umana. Contro di essi bisognava quindi affermare che Gesù era vero figlio di Maria e frutto del suo grembo e che Maria era quindi veramente la sua madre "fisica". Proclamare con forza che Maria era la madre "fisica" di Gesù, serviva a dimostrare la vera umanità di lui e che cioè egli era veramente Dio, ma anche veramente uomo. Questo è il periodo in cui viene formulato l’articolo del credo che afferma di Gesù: "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine".

1.2. Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria

Alcuni autori sostengono che il titolo Theotokos fu attribuito alla Vergine per la prima volta da Ippolito, autore della Traditio apostolica. Più sicuramente esso fu usato dal Origene nel III secolo e da altri autori alessandrini prima e dopo il Concilio di Nicea. Particolare importanza avrà, al tempo della controversia nestoriana, la testimonianza di Alessandro di Alessandria che nel IV secolo ritiene il titolo di Theotokos come cosa pacifica e di uso comune e generalizzato. Sarà da ora in poi proprio l’uso di questo titolo a condurre la Chiesa alla scoperta di una maternità divina più profonda, in quanto viene definita in rapporto all’essere profondo di Cristo (maternità "metafisica"). Il titolo non nasce quindi da una riflessione teologica, ma la provoca per cui esso affonda le sue radici sulla pietà e sulla fede vissuta della Chiesa, come si deduce anche dalla più antica preghiera mariana del III secolo, il Sub tuum praesidium. Fu quindi l’esperienza della fede ad orientare la teologia, anche se sarà poi la teologia a guidare e incrementare, a sua volta, quella stessa esperienza di fede.

Il suo approccio chiamato maternità "metafisica" è quello che caratterizza l’epoca delle grandi controversie cristologiche del Vi secolo dove il problema centrale non è più quello della vera umanità di Cristo, ma dell’unità della sua persona. La maternità di Maria non viene più vista riferita alla natura umana di Cristo, ma all’unica persona del Verbo fatto uomo. E siccome questa persona che lei genera secondo la carne non è altro che la persona divina del Figlio di Dio, di conseguenza ella appare vera Madre di Dio perché divinità e umanità formano una sola persona. In questa luce la relazione di Maria con Cristo è anche di ordine "metafisico" creando un rapporto vertiginoso non solo con lui, ma anche con il Padre. Maria, infatti, è l’unica a poter dire a Gesù, quello che a lui dice da tutta l’eternità il Padre: "Tu sei mio figlio; io ti ho generato" (Sal 2,7; Eb 1,5). Con il concilio di Efeso del 431, questa posizione diventa una conquista per sempre della Chiesa. La proclamazione di Maria come Theotokos da parte del concilio, causò l’esultanza del popolo di Efeso che accompagnò con fiaccole e canti i padri alle loro dimore e determinò anche un’esplosione di venerazione verso la Madre di Dio che, in Oriente e in Occidente, si esplicitò in feste liturgiche, icone, inni, costruzioni di chiese e basiliche come quella di S. Maria Maggiore a Roma, fata edificare dal Sisto III proprio dopo il concilio di Efeso.

1.3. L’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria

Il traguardo di Efeso non fu definitivo. Da questo titolo, valorizzato nelle controversie cristologiche più in funzione della persona di Cristo che di quella di Maria, si dovevano ancora trarre le conseguenze logiche riguardanti anche la persona stessa di lei, in particolare la sua santità unica. Merito di questo spetta ai grandi autori latini, in primo luogo a S. Agostino. Egli, infatti, legge la maternità di Maria come una maternità nella fede, una maternità anche "spirituale". Inizia così l’epopea della fede di Maria. Lo stesso Agostino afferma che Maria, facendo pienamente la volontà del Padre, per fede credette, per fede concepì e per fede si pose alla sequela di Cristo, per cui è più grande per essere stata sua discepola che sua madre fisica.

La maternità "fisica" e "metafisica" vengono ora coronate dalla maternità "spirituale" o "di fede" che fa di Maria la prima e più santa figlia di Dio, la prima e più docile discepola del Signore, la creatura della quale, per la sua totale adesione a Dio, non si può parlare mai di peccato. La maternità "fisica" e "metafisica" sono un privilegio ineguagliabile, proprio perché trova riscontro nella fede e nell’atteggiamento "spirituale" della Figlia di Sion.

1.4. Significato cristologico di Theotokos

Come abbiamo visto, il titolo Theotokos accompagna tutto lo sviluppo della cristologia antica e diventa come una tessera di riconoscimento dell’ortodossia cristologica. Il titolo servì, infatti, prima a dimostrare la vera umanità di Cristo, poi la sua vera divinità e infine la sua unità di persona. Questo titolo dunque attesta che:

- Gesù è vero uomo perché nato da Maria che è una vera creatura umana;

- Gesù è vero Dio perché se così non fosse, - afferma Agostino - non potremmo proclamare nella professione di fede il "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine", se da lei fosse nato solo un figlio dell’uomo e non il Figlio di Dio;

- Gesù ha due nature distinte ma unite ipostaticamente nell’unica persona del Verbo: "colui che è stato generato dal Padre prima di tutti i secoli secondo la divinità – afferma il concilio di Efeso – negli ultimi tempi lo stesso fu generato da Maria Vergine, la Theotokos, secondo l’umanità". Proclamare Maria Theotokos è il modo più sicuro di proclamare l’unione ipostatica che tiene insieme tutti i dogmi cristologici, per cui questo titolo è come un baluardo che si oppone con sempre estrema attualità a tutti i tentativi di idealizzazione di Gesù, che fanno di lui un’idea o un personaggio più che una persona vera; a tutti i tentativi di separazione della sua umanità dalla sua divinità, tentativi che mettono in serio pericolo la realtà stessa della nostra salvezza.

2. Attualità del titolo Theotokos

Maria, con la sua maternità divina ha fatto di Dio l’Emanuele, il Dio con noi. Questo titolo comporta un arricchimento della stessa rivelazione di Dio. In questa linea esso si rivela straordinariamente significativo anche per l’uomo d’oggi.

2.1. Attualità teologica

Il titolo ci parla prima di tutto dell’umiltà di Dio che ha voluto avere una madre, proprio oggi quando siamo arrivati al punto in cui, alcuni rappresentanti dell’esistenzialismo trovano strano, offensivo e umiliante dover avere una madre, perché questo indica dipendere radicalmente da qualcuno, non essersi fatti da sé, non poter progettare interamente da soli la propria esistenza. L’uomo che guarda dunque in alto, in cerca del vertice di una piramide esistenziale su cui spesso non trova che il Nulla, non si accorge che Dio è sceso ed ha rovesciato questa piramide, mettendosi alla base, per prendere su di sé tutto e tutti, rinchiudendosi nel grembo di una donna. Risalta l’infinito contrasto tra il Dio dei filosofi e questo Dio che scende nella materia, nella concretezza e nella realtà: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio nato da donna" (Gal 4,4). Egli che si fa carne nel grembo di Maria, si farà presente nel cuore stesso della materia del mondo, nel pane dell’Eucaristia, per vivificarla dall’interno. S. Ireneo afferma, a questo proposito, che chi non capisce la nascita di Dio da Maria, non può nemmeno capire l’Eucaristia (Adversus haer. V. 2,3, Sch 153, p. 345). Scegliendo la via materna per rivelarsi a noi, Dio ci ha ricordato che tutto è puro, ha proclamato la santità delle cose che ha creato, ha santificato e redento non solo la natura in astratto, ma anche la nascita umana e tutta la realtà dell’esistenza. Soprattutto Dio ha rivelato la dignità della donna in quanto tale. La dignità di Theotokos conferita a Maria, ci rivela che Dio, infinitamente prima delle lotte e della proclamazione della "promozione della donna", ha dato alla donna un tale onore e la circondata di tanta grandezza da farci restare senza parole.

2.2. Attualità cristologica

L’attualità di Theotokos si rivela più evidentemente se dalla teologia passiamo alla cristologia. Oggi tutti ammettono senza difficoltà che Cristo era un uomo come noi, anzi si fa a gara nello spingere questa affermazione fino al limite del blasfemo, riconoscendo in lui una presenza anche di peccato. Il problema oggi è inverso: riguarda la divinità di Cristo. Alcuni autori cattolici hanno elaborato le così dette "nuove cristologie" che si distaccano radicalmente da quella tradizionale e dove si afferma che Cristo è Dio, solo nel senso che "in lui agisce Dio". Quindi egli non sarebbe un vero Dio, ma la rivelazione del vero Dio, cosa infinitamente diversa. Schönenberg, ad esempio, sostiene che Gesù è in una persona, ma una persona umana non divina: alla dottrina delle due nature, l’umana e la divina, unite nell’unica persona di Cristo, egli sostituisce la dottrina della presenza della divinità nella persona umana di Cristo. All’essere si sostituisce l’esserci, cioè Cristo non è Dio, ma in Cristo c’è Dio! L’estrema conseguenza è che Gesù è il Verbo di Dio non in forma reale ma solo intenzionale nel senso che il Padre avrebbe previsto e amato nel suo pensiero eterno, l’esistenza dell’uomo Gesù che un giorno sarebbe nato da Maria, preesistente, quindi, come preesistiamo tutti dal momento che ogni uomo è stato prescelto e predestinato da Dio come suo figlio prima della creazione del mondo (Cf. Ef 1,4).

Contro questa dottrina che oltre a negare la divinità di Cristo, rinnega il mistero stesso della Trinità, la Chiesa, professando e proclamando Maria Theotokos, professa e proclama la sua fede nella vera identità di Gesù, Dio e uomo, vero Figlio di Dio fattosi in lei vero uomo per noi. Se Cristo, infatti, non fosse vero Dio o se lo diventasse dopo la sua nascita umana, Maria non potrebbe chiamarsi Theotokos. Le "nuove cristologie" più che tradurre in termini moderni le verità proclamate dai concili di Efeso e Calcedonia, hanno rispolverato le eresie che essi avevano condannato. Come allora, anche oggi, il titolo di Theotokos è come un baluardo della Chiesa contro le deviazioni della fede cristologica perché difende l’eterna e immutabile verità su Cristo, anche ai nostri tempi come lo fece nei tempi antichi.

2.3. Attualità ecumenica

Anche in campo ecumenico il titolo di Theotokos rivela la sua perenne vitalità e attualità. Esso, infatti, è oggi il punto d’incontro e la base comune a tutti i cristiani, dato che è l’unico titolo veramente ecumenico non solo di diritto, perché proclamato da un concilio ecumenico, ma anche di fatto, perché riconosciuto da tutte le Chiese. Theotokos è quindi il titolo a cui sempre si dovrebbe poter ritornare distinguendolo da tutta l’infinita quantità degli altri titoli, per creare una fondamentale unità intorno alla Madre del Signore, in modo che ella, più che essere il simbolo della divisione tra i cristiani, si trasformi piuttosto nel più importante fattore di unità ecumenica nella professione comune dell’unica fede nel Signore Gesù.

Questo sarà possibile solo nel rispetto di queste condizioni:

- non limitare la portata del titolo Theotokos solo al suo contenuto ontologico, esaltato dalla teologia dell’Oriente, ma tenendo anche presente l’arricchimento in senso morale che esso ebbe in Occidente, ad opera soprattutto di Agostino il quale affermò, come già visto, che Maria è grande per aver concepito Cristo nella fede più che nel corpo; per essere stata sua discepola, più che sua madre;

- rivedere e approfondire il sublime rapporto tra grazia e fede, caro ai Protestanti, leggendo la maternità divina non solo come un "privilegio", ma come l’esaltazione della grazia, un dono sublime ed esclusivo di Dio ricevuto con somma, libera e disponibile accoglienza;

- fare di Theotokos un ponte di collegamento verso l’unità, per amore e nel rispetto di Colei che, appunto come Madre del Signore, attese la venuta dello Spirito in preghiera in mezzo alla Chiesa nascente. Sarebbe assurdo parlare o voler realizzare l’unità, dimenticando chi ha dato Cristo al mondo: il Cristo che annunciamo non sarebbe più la Parola fatta carne, l’Emanuele, il Dio con noi, il Salvatore che ha voluto essere simile a noi nel nascere, prima ancora di esserlo nel vivere e nel morire.

CAPITOLO VI

 

La Concezione Immacolata e l’Assunzione al cielo di Maria, dono e segno per la Chiesa

1. Il dono e il segno della Concezione Immacolata di Maria

2. Il dono e il segno dell’assunzione al cielo di Maria

1. Il dono e il segno della Concezione Immacolata di Maria

1.1. Il Dogma

L’8 dicembre 1854 Pio IX definì in questi termini la concezione immacolata di Maria: "la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del ge6enre umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli". Quell’atto definitorio chiuse un lunghissimo processo storico che, in vario modo, coinvolse tutta la Chiesa cattolica: i fedeli con il loro sensus fidei, i teologi con una travagliata elaborazione dottrinale, i papi con un’azione di vigilanza e moderazione, di chiarificazione e promozione. Questo dogma definito nel 1854 è, in quanto tale, vincolante e irriformabile. Ma esso, come ogni altra definizione dogmatica, è stato formulato in un preciso contesto culturale, condizionato sia dal divenire storico che dai processi linguistici. Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, Giovanni XXIII ebbe a dire: "una cosa è….il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con qui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata". Nulla vieta, dunque che, salvo il senso originale del dogma, esso sia ulteriormente approfondito e riproposto in un linguaggio consono alle varie culture.

1.2. L’odierna riflessione teologica

L’odierna riflessione teologica è impegnata ad approfondire alcuni punti di vista nuovi riguardo al dogma del concepimento immacolato di Maria e ne prospetta una rilettura:

- alla luce dell’amore salvifico di Dio Trinità. La concezione immacolata è, infatti, frutto della sola grazia, un puro dono della Trinità santa per cui l’evento testimonia che Maria fu giustificata dalla sola grazia e non dai suoi meriti;

- in chiave cristologica, soteriologica e pasquale: cristologica, perché evidenzia l’impossibilita per il Verbo di Dio, il Totalmente Santo, di prendere l’umana natura da una creatura soggetta, sia pure per brevissimo tempo, al dominio del maligno, per cui la concezione immacolata appare un requisito preliminare all’incarnazione del Verbo, la preparazione della sua degna dimora sulla terra; soteriologica, perché mette in luce l’universalità della redenzione rivelando che la Vergine è di essa il frutto più eccelso, dato che è santa e immacolata al cospetto di Dio, proprio in virtù del sangue versato dal Figlio che l’ha redenta in modo sublime; pasquale, perché l’espressione della definizione "in vista dei meriti di Gesù Cristo" è da riferire soprattutto all’evento della Pasqua, per cui la concezione immacolata non è altro che l’anticipazione e la primizia dell’efficacia salvifica della Pasqua;

- in chiave pneumatologica ed ecclesiologica: pneumatologica, perché mettendo in rilievo la presenza santificatrice dello Spirito Santo nel concepimento di Maria, supera l’insufficienza dell’impostazione negativa – preservazione dal peccato originale – tipica del percorso storico che determinò la definizione del 1854, a vantaggio dell’impostazione positiva – pienezza di grazia/dono dello Spirito – a cui la teologia orientale è molto sensibile; ecclesiologica, perché la Chiesa riconosce nell’immacolata, la realizzazione del progetto di Dio sul nuovo popolo messianico, nella sua espressione più alta che è quella sponsale, di cui è il prototipo. La liturgia dell’8 dicembre, infatti, pone sulle labbra di Maria le parole del Cantico: "Esulto e gioisco nel Signore[…..] perché mi ha avvolto con il manto della giustizia, come una sposa adorna di gioielli", perché la sua concezione immacolata ha segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo, senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza.

1.3. Il dogma e la dottrina del peccato originale

Uno dei compiti dell’odierna riflessione teologica è anche quello di dare una soluzione ai nodi in cui il dogma definito da Pio IX viene a trovarsi nei confronti della dottrina sul peccato originale, la quale, pur prescindendo dalle posizioni più radicali che negano l’esistenza stessa di tale peccato, è oggetto di una vasta rivisitazione ermeneutica.

Più che sotto l’aspetto negativo del peccato, la Concezione Immacolata deve essere letta sotto l’aspetto positivo, come segno forte della grazia di Dio operante nella creatura e come dono trinitario di amore che origina un’esistenza tutta protesa all’accoglienza riconoscente e all’amore senza limiti. Questa lettura attribuisce alla concezione immacolata quattro significati fondamentali:

1. Maria compie in sé l’esistenza umana quale Dio l’ha voluta: ella è donna orientata verso l’alto, non piegata dal peso del peccato, non ripiegata su se stessa ma aperta totalmente all’amore di Dio, degli uomini, della creazione; non è schiava segnata dal marchio del nemico di Dio e del genere umano, ma è la figlia prediletta del Padre e porta fin dall’inizio il suo sigillo sulla fronte (Ap 9,4; cf 7,3);

2. In Maria, donna storica dal cuore puro e ignaro della discordia, si è resa viva e concreta la speranza dell’umanità che cerca un futuro di pace e di giustizia, di fraternità e di armonia;

3. Maria è lo specchio dell’esistenza discepolare perché l’essere immacolata e piena di grazia, non la esime dalla sua condizione terrena con tutto ciò che essa comporta di sofferenza e opacità, di lotta interiore e di partecipazione alle passioni dell’esistenza. Anche lei ha dovuto crescere nella fede, progredire nella speranza posta a dura prova, orientare il suo amore verso Dio e verso Giuseppe di Nazaret, verso il Figlio di Dio e la comunità ecclesiale, verso tutti gli uomini e tutte le donne, suoi fratelli e sue sorelle;

4. In Maria risplende la forma vera e pura della bellezza senza menzogna, senza turbamento, ma come riverbero della bontà e splendore della verità, una bellezza che è perfezione e armonia, semplicità e trasparenza.

 

2. Il dono e il segno dell’assunzione al cielo di Maria

2.1. La definizione dogmatica

Anche l’Assunzione al cielo di Maria è un evento che appartiene alla storia della salvezza, dono di Dio e segno di grazia per la Chiesa, le donne e gli uomini di ogni tempo. La definizione dogmatica di Pio XII (1° novembre 1950), ratifica una dottrina sufficientemente elaborata sulla sorte finale di Maria e professata dalla Chiesa fin dai tempi antichi.

La definizione dogmatica di Pio XII suona così: "….Per l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei santi a apostoli Pietro e Paolo e Nostra pronunciamo, dichiariamo e definiamo essere dogma di fede che: l’Immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della sua vita terrena fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo….".

Questa formulazione dogmatica che fu motivo di grande gioia per la Chiesa Cattolica, causò un grave disappunto nella Chiesa Ortodossa, nella Comunità Anglicana e nelle Chiese della Riforma e aprì in campo ecumenico un nuovo contenzioso dottrinale. Presentare la dottrina dell’Assunzione al cielo di Maria è oggi particolarmente difficile non tanto a motivo dell’oggetto preciso della definizione di Pio XII, quanto a causa delle molteplici implicazioni che essa ha con l’escatologia, una disciplina piena di fermenti e proposte, spesso non condivise da tutti i teologi e poco armonizzate con l’insegnamento della Chiesa. In ogni caso una ordinata esposizione del mistero dell’Assunta:

- non può ignorare l’indole dell’intervento magisteriale di Pio XII, né svuotarlo di significato;

- non può esimersi dall’affrontare i numerosi problemi suscitati dall’enunciato dogmatico, come la morte di Maria, la natura del privilegio dell’Assunzione e il fondamento biblico del dogma;

- non può sottovalutare la sua multiforme natura di segno per gli uomini e le donne di ogni tempo.

2.2. La morte di Maria

Mentre la Tradizione asserisce comunemente la morte di Maria, Pio XII volle tuttavia lasciarla fuori dalla definizione dogmatica, rafforzando con questo il movimento immortalista che ancora sussiste ma che oggi ha perso molto terreno. L’ipotesi, infatti, che la Vergine non sia morta intacca pesantemente lo stretto parallelismo che viene invocato per suffragare, dal punto di vista della consonanza con le altre verità rivelate, la dottrina della glorificazione corporale di Maria. Come per Gesù, l’Assunta è un evento implicante una morte e una resurrezione, non intesa semplicemente come rianimazione di un cadavere ma come un atto creativo di Dio, del quale tuttavia sconosciamo le modalità. Molti teologi e lo stesso Giovanni Paolo II, parlano di "morte naturale" di Maria che, vista però dal punto di vista dell’atteggiamento spirituale con cui la Madre di Dio l’ha affrontata, è perfettamente compatibile con la visione della "Dormitio" tipica delle liturgie orientali e della "morte d’amore" di cui parlano non pochi mistici e una corrente teologica. Qualunque sia il "fatto organico e biologico" che causò, sotto l’aspetto fisico, la cessazione della vita del corpo, si può dire che il passaggio da questa all’altra vita, fu per Maria una maturazione della grazia nella gloria, così che mai, come in quel caso, la morte può essere concepita come una "dormizione", una morte "nell’amore, a causa dell’amore e per amore", come afferma S. Francesco di Sales. A prescindere quindi dai motivi naturali, Maria morì totalmente nell’amore e morì d’amore per suo Figlio.

2.3. Natura del "privilegio" dell’Assunzione

a) Alcuni teologi ritengono che il "privilegio" dell’Assunzione, non consista nella glorificazione corporale di Maria sia per il fatto che tutti i cristiani sono chiamati ad essere glorificati nel loro corpo e nella loro anima e sia perché non si può in assoluto escludere che alcuni giusti siano anch’essi corporalmente glorificati in cielo come si crede di Enoch (Gn 5,24), di Elia (2 Re 2,1; Sir 48,9), dei Patriarchi (tradizione giudaica) e dei martiri cristiani (Ap 6, 9-11).

In risposta a questa ipotesi, considerando anche seriamente la tradizione teologica dell’Oriente e dell’Occidente e, in primo luogo, i testi della santa Liturgia, dobbiamo invece affermare che:

- L’evento dell’Assunzione riguarda anche il corpo di Maria, dimora verginale del Verbo incarnato e che proprio per questo, secondo il sensus fidei, non poté subire la corruzione e il disfacimento conseguenti alla morte ma fu, in un modo che ignoriamo, portato in cielo;

- Nella piena e totale sua glorificazione, Maria anticipa la sorte futura di tutti i giusti: nella sua condizione di Assunta, la Vergine è già quello che la Chiesa tutta desidera e spera di essere.

b) Altre teologi negano il "privilegio" dell’Assunzione perché affermano che tutti i morti in Cristo risorgono nella morte, raggiungono cioè immediatamente dopo il decesso la loro pienezza escatologica.

Contro questa posizione il Magistero della Chiesa:

- ha più volte ribadito la dottrina tradizionale che propugna la singolarità del caso di Maria, escludendo ogni spiegazione che toglierebbe il suo senso all’Assunzione in ciò che essa ha di unico, ossia il fatto della glorificazione corporea come anticipazione della glorificazione riservata a tutti i giusti;

- ha rilevato l’importanza dell’Ultimo giorno, la Parusia di Cristo, in cui avrà luogo la resurrezione dei morti;

- ha sostenuto l’esistenza di un tempo di attesa o distanza escatologica tra il momento della morte (qui, ora) e l’evento della resurrezione dei morti (alla fine dei tempi) proclamata dai simboli di fede con le parole: "Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".

La Vergine Santissima, l’Immacolata, dunque – come afferma Paolo VI nella Solemnis Professio fidei del 30 giugno 1968 - "associata ai misteri dell’Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, al termine della sua vita terrena, è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti".

2.4. Fondamento biblico del dogma dell’Assunzione

Quello del fondamento biblico del dogma dell’Assunta è un altro dei numerosi problemi suscitati dalla definizione di Pio XII. L’argomento decisivo che consentì il pronunciamento fu la constatazione dell’assenso unanime dei pastori e dei fedeli. Pio XII afferma, tuttavia, che però questa verità è fondata sulla S. Scrittura, introducendo una distinzione, ancora oggi poco valutata, tra verità asserite e verità che trovano in essa il loro fondamento, come senza dubbio è il caso dell’Assunzione. Oggi bisognerebbe ammettere che non è affatto contro la Scrittura ammettere che in alcuni casi essa segna un orientamento costante il quale, sotto l’assistenza dello Spirito di verità, viene sviluppato dalla riflessione teologica e dalla meditazione ecclesiale. Necessario sarebbe, invece, approfondire teologicamente la natura, il valore, i limiti e le leggi di questo orientamento o lettura globale della S. Scrittura.

2.5. L’Assunta "segno" di un destino di gloria

Dopo il Cristo risorto, la Vergine assunta è segno della dignità dell’uomo e del suo destino di gloria. Ambedue gli eventi ci dicono che il destino dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26-27) non è il disfacimento dell’essere e il suo dissolvimento nel nulla, ma la sua piena realizzazione e la totale conformità a Cristo, fino a raggiungere lo stato di uomo perfetto o, come dicono gli orientali, la divinizzazione (Ef 4,13).

Unita strettamente al Figlio, Maria è immersa nella vita trinitaria e indica alle schiere infinite dei santi quell'umanità gloriosa di Cristo che ha loro permesso di conoscere la salvezza e di inabissarsi anch’essi nel divino. Maria assunta è la piena realizzazione della vocazione dell’uomo, la sola degna di lui: come essere avvolto dalla gloria del Dio vivente e riverberarla in un canto di piena lode, in incessante risposta d’amore.

2.6. L’Assunta "segno" del valore del corpo

Secondo i racconti simbolici della Genesi, Dio ha plasmato il corpo dell’uomo e della donna (Gn 1,26-27; 2,7.21-33) e, secondo il suo misericordioso piano di salvezza ha voluto che il Figlio, nella pienezza del tempo, prendesse un vero corpo da una donna (Gal 4,4), Maria di Nazaret. Contro ogni docetismo la Chiesa ha rivendicato sempre la realtà storica di questo evento: nel suo utero la Vergine ha concepito realmente il Verbo secondo la natura umana, lo ha portato in grembo durante la gravidanza, lo ha dato alla luce e lo ha allattato al suo seno. Il corpo di Maria è stato perciò veramente lo "spazio" abitato dal Verbo, per cui la pietà cristiana ha a Lei applicato i più alti simboli cultuali dell’antico popolo dell’alleanza che definiscono il luogo della presenza di Dio: arca, nube, tenda, tempio, santo dei santi. Ma la presenza del Verbo, ha reso il corpo di Maria uno "spazio soteriologico" perché Dio ha liberato e salvato l’uomo con i misteri della carne del Salvatore, quella carne assunta dal corpo immacolato di Lei. L’Incarnazione del Verbo e l’Assunzione di Maria hanno riscattato il corpo umano, in articolare il corpo femminile dalla sprezzante considerazione in cui era tenuto in molti settori della cultura antica: Celso riteneva l’immagine del Figlio di Dio nel corpo di una donna una cosa aberrante, impensabile, assurda e indegna di Dio. Il Padre, invece, nel suo imperscrutabile disegno di salvezza, aveva iscritto proprio nell’abbassamento del suo Unigenito il trionfo della Resurrezione e la gloria dell’Assunzione. La donna che contempla l’Assunta, vede:

- restituita la sua dignità;

- reso santo il suo corpo, oggetto di molte profanazioni;

- ribadito il valore della corporeità femminile integrata in seno al mistero di Dio;

- anticipato il destino che sarà di tutte le donne.

2.7. L’Assunta "primizia" e "immagine escatologica" della Chiesa

La Chiesa non ha sulla terra una stabile dimora ma è un popolo in cammino verso il suo compimento che avrà luogo solo nella gloria del cielo, quando tutta la creazione – uomo e cosmo – saranno ricapitolati in Cristo (Ef 1,10; Col 1,20; 2Pt 13,10-13). Mentre la Munificentissimus Deus di Pio XII metteva in risalto i profondi risvolti cristologici dell’Assunzione, il Concilio Vaticano II e la teologia odierna mettono in luce, invece, la dimensione ecclesiologica, per cui l’Assunta è:

- Primizia della Chiesa: in senso teologico e cronologico. In lei, primo membro del popolo sacerdotale e santo entrato nel santuario del cielo, la Chiesa ha raggiunto quella pienezza di perfezione che la rende senza macchia e senza ruga e perfettamente unita al Signore. In Maria santa, vergine, madre, sposa, discepola e assunta, la Chiesa vede riflessa se stessa, nella sua missione sulla terra, nel suo compiersi escatologico;

- Icona della Chiesa: dinanzi alla Chiesa ancora pellegrina sulla terra, l’Assunta risplende come la creatura umana giunta alla pienezza della sua vocazione divina, come il prototipo della Chiesa escatologica. Maria però non è un’icona statica ma dinamica: è sintesi del progetto di grazia che Dio per Cristo nello Spirito ha compiuto e compie a favore del genere umano ed è soprattutto incitamento e stimolo a percorrere con gioia la via tracciata da Dio per l’attuazione del suo disegno salvifico.

2.8. L’Assunta "segno" di speranza e di consolazione

La Chiesa proclama che Cristo è la nostra suprema speranza, la speranza della gloria (Col 1, 26-27); tuttavia essa accoglie anche altri segni di speranza e consolazione che il Signore ha disseminato lungo il suo cammino, in particolare la santa Madre di Gesù. Sulla terra – afferma la Lumen Gentium al n. 68 – ella brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in marcia, fino a quando verrà il giorno del Signore. La Chiesa in cammino, nei secoli della sua storia, ha sperimentato l’intervento materno di Maria che indica a tutte le generazioni Gesù quale via, verità e vita e risplende, nel buio della storia come la "stella del mare" che orienta i naviganti verso Cristo, ultimo e sicuro approdo.

2.9. L’Assunta "segno" centrale della Comunione dei santi

La Chiesa del cielo e quella della terra non sono due realtà divise, ma due fasi dell’unico mistero ecclesiale e, secondo la fede perenne della Chiesa, comunicano tra di loro. I membri della Chiesa celeste intercedono in favore degli uomini ancora in cammino in mezzo a pericoli ed affanni; i membri della Chiesa terrestre venerano e invocano i fratelli e le sorelle giunte nella patria beata. In modo particolare essi invocano "la gloriosa e sempre vergine Maria Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo" che prolunga nella Chiesa celeste la posizione centrale che ebbe nella Comunità orante del Cenacolo. Per la sua condizione di Assunta, pienamente glorificata e per la sua somma vicinanza al Figlio, Maria è il punto centrale dell’incontro tra gli abitanti del cielo e quelli della terra; è la voce più pura della lode e la più efficace nell’implorazione; è presenza materna e benigna che fa crescere nelle comunità discepolari il senso di fraternità e di famiglia; è presente dove è presente il Figlio quale Sommo Sacerdote della Liturgia eterna; è segno che la liberazione del cosmo è già in atto, perché nel suo corpo glorioso di Assunta, la creazione materiale comincia ad essere parte del corpo resuscitato di Cristo.

2.10. L’Assunta "segno" dello stile di Dio

Infine l’Assunta dimostra la continuità dell’agire di Dio che predilige i piccoli e gli uomini, che solleva l’indigente dalla polvere per farlo sedere tra i principi del suo popolo (Sal 113,7-8; 1Sam 2,8; Sal 107,41). Egli volse dunque il suo sguardo sull’umile serva (Lc 1,48) che riconosce che tutto in li è opera di Dio (Lc 1,49). L’Assunzione è la conseguenza estrema dello sguardo che Dio rivolse a Maria e realizza la parola del Signore: "chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11). Maria si è abbassata dichiarando di essere la "serva del Signore", Egli, secondo il suo stile, l’ha innalzata: la creatura, insignificante agli occhi del mondo, è divenuta per grazia, la più significativa nella storia e nella gloria.

 

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